L’argento nazionale di judo David Roggi racconta la sua carriera sportiva e parla del ruolo della pratica sportiva nell’educazione dei più giovani
Il livornese David Roggi, classe 1968, non solo è allenatore presso la palestra Kodokan di viale Alfieri, ma anche argento nazionale di judo, titolo orgogliosamente ottenuto lo scorso 7 luglio al PalaPellicone di Ostia durante il Campionato Italiano Master Judo.
L’eccellenza di questo risultato è avvalorata dal grande impegno di David, che ha voluto partecipare ad un campionato disputato da oltre 170 atleti di tutta Italia a seguito di una lunga assenza causata da alcuni infortuni, che però non hanno spento in lui la voglia di tornare sul tatami più prestigioso della nazione.
Sulla base della sua esperienza sia come atleta che come insegnante gli abbiamo fatto alcune domande: questo è ciò che ci ha raccontato:
Come è iniziato il tuo percorso sportivo?
“Sono passati ben 5 decenni da quando fui letteralmente gettato nell’acqua della piscina comunale…con il chiaro scopo di imparare a convivere rapidamente con l’ambiente marittimo. Successivamente, all’età di 13 anni, intrapresi il basket proprio nel momento d’oro per le squadre livornesi, ma poco dopo lasciai perché attratto dalla nobile arte della boxe in cui vinsi un paio di incontri nella categoria novizi.”
“Il vero e proprio colpo di fulmine con uno sport specifico è però avvenuto quando avevo circa 20 anni, quando da profano ma fisicamente “ben piazzato” accettai il gioco-sfida di cimentarmi nella lotta sul tatami con un avversario, un judoka, molto più leggero del sottoscritto: l’epilogo inimmaginabile è quello di aver “testato” direttamente sulla mia persona le efficaci tecniche del judo. Da quel momento ho deciso che il mondo delle arti marziali, contraddistinto dalla forza, controllo e dal rispetto, sarebbe stata la via maestra per crescere nello sport.”
Quali sono le maggiori difficoltà in una carriera sportiva?
“Personalmente reputo che l’attività agonistica nella maggior parte degli sport, ma in particolare quelli “con contatto fisico” e da combattimento in generale, porti a stressare il fisico dell’atleta che spesso incorre in infortuni che non sempre riesce a superare, con limitazioni che non riguardano esclusivamente il corpo ma anche la mente.”
“Non secondari sono gli ostacoli dovuti all’avanzare dell’età che fisiologicamente possono avere una ricaduta sulla qualità delle prestazioni sportive. Non dimentichiamoci che parallelamente all’avanzare dell’età aumentano gli impegni lavorativi e familiari che comportano inevitabilmente sacrifici nonché rinunce.”
Qual è, a tuo parere, il peso che lo sport ha nell’educazione?
“Iniziamo col dire che l’UNESCO ha proclamato il judo quale migliore sport iniziale per formare i bambini e i giovani (dai 4 ai 21 anni). Aggiungo che le arti marziali in genere hanno un impatto assai formativo sul rispetto della persona in quanto il “dojo” dove si praticano gli sport marziali è un ambiente assai positivo, dove si coltivano carattere ed autostima.
“Nella maggior parte delle palestre di judo e ju jitsu, gli insegnanti come il sottoscritto, spiegano le tecniche di attacco/difesa ma una parte della lezione sottolinea i comportamenti leali che l’atleta deve perseguire negli allenamenti e nello shiai o kumite (c.d. combattimento). La cultura giapponese, da cui derivano le arti marziali più famose, ha fatto del rispetto e dell’ ossequioso ringraziamento (rei), i capisaldi dello stile di vita orientale, applicandolo a tali discipline.”
“Non sempre gli sport più praticati o più famosi hanno un corretto “imprinting” sui bambini che inizialmente percepiscono l’aspetto ludico dello sport. Invece in certi ambienti si spinge, sin dalla tenera età, a vedere l’avversario semplicemente come un nemico non solo da battere ma sovente “da abbattere”. Niente di più sbagliato dal punto di vista umano ed anche educativo.”