Bufera nel pd Livornese dopo l’intervista del Vescovo su un quotidiano nazionale
Dopo le dichiarazioni del Vescovo di Livorno Mon. Simone Giusti, che hanno avuto anche eco a livello nazionale, sui temi che riguardano la famiglia come l’utero in affitto, la procreazione assistita e la “mercificazione del figlio”, gli esponenti del Partito Democratico di Livorno intervengono sulla questione.
Piero Tomei, esponente di spicco del PD livornese, su Facebook dichiara: “Riprendo le sofferenti riflessioni di Paolo Fenzi, amico caro e grande uomo di fede che ammiro e che apprezzo ogni giorno per la sua capacità di ascolto, la mitezza e soprattutto la concretezza della sua azione cristiana. Da cattolico un po’ anticlericale (ho comunque amici preti, fantastici uomini di fede) non posso che condividere ogni sua parola… La necessità di avere dei buoni pastori si avverte proprio quando gli agnelli del gregge sono più fragili e deboli. Proprio oggi ricordiamo i 10 anni dalla scomparsa di un grande pastore di anime fragili: Don Andrea Gallo. Paolo Fenzi ci aiuta in qualche modo a ricordare che per fortuna esistono uomini di fede impegnati tra infinite difficoltà nell’opera di aiuto agli ultimi, ai più sfortunati e a coloro che la vita o la società ha voltato le spalle. Concludo con un insegnamento che proprio Don Andrea Gallo ci ha donato: “Dimmi chi escludi ti dirò chi sei” Grazie!
Ecco di seguito anche le dichiarazioni del Capogruppo del PD in Consiglio Comunale di Livorno Paolo Fenzi alle quali si riferisce l’intervento precedente di Tomei:
“Di fronte alle ultime esternazioni di Monsignor Giusti su”La Verità”, “La Nazione”, “Il Corriere Fiorentino” dove si accusa direttamente” la sinistra di usare tecniche naziste”, ho ritenuto imprescindibile rispondere ed aprire un serio confronto sui temi richiamati dal Vescovo
Ho letto con attenzione l’intervista di Mons.Giusti al quotidiano La Verità. L’ho letta e riletta. Ne sono rimasto sinceramente dispiaciuto da uomo di fede e da persona di sinistra. “ La sinistra usa tecniche naziste a chi si oppone ai diktat gender”. Avvicinare il termine nazista a chi si impegna per la dignità di ogni persona ( sempre e soprattutto se malata, anziana, in carcere, minore, immigrata), per il valore della legalità e dell’uguaglianza fra le persone, per il valore del pluralismo, mi sembra davvero difficile da comprendere. I temi affrontati dal vescovo sono temi complessi. Il Concilio Vaticano II ci aveva aperto un mondo: da una fede declinata nel passato, come una risposta a tutto, ci ha sollecitato a restituire dignità alle domande, domande che ci aiutano a vedere, ad ascoltare, a capire. Le domande che ci poniamo, ci aprono gli occhi sulla realtà, sulla sua complessità, ci costringono anche a guardare negli abissi di noi stessi, negli abissi della nostra epoca.
Perché chi pone domande apre alla produzione di senso, apre al futuro, dà alla generazioni a venire la possibilità di intervenire, di esistere. In tutta l’intervista ( si veda anche come si tratta il tema dell’eutanasia, tema che richiama sofferenze indicibili) ci si rinchiude in certezze assolute, dentro un’identità chiusa, esclusiva ed escludente. L’identità fa parte della vita degli uomini e dei popoli, che devono sapere dove affondano le proprie radici. Guai però se l’identità diventa un muro dietro il quale trincerarsi. Il nostro tempo e la complessità dei temi da affrontare ci pone di rendere essenziale la tensione verso una laicità eticamente esigente, una laicità che sappia sostituire al paradigma dell’”aut-aut”quello dell’”et-et”. Ovvero ad esempio quello di coniugare la difesa della vita con il rifiuto dell’accanimento terapeutico, la valorizzazione e la tutela della famiglia tradizionale con i diritti inviolabili delle persone che convivono stabilmente. Siamo convinti, laicamente, che è la storia delle persone che ci cambia, è la nostra relazione con l’altro, è l’ascolto dell’altro che definisce chi siamo, dove siamo e dove stiamo andando. Accuse, soprattutto se gravi come quella di “ comunicazione nazista”, non aiutano questo percorso e queste modalità di incontro.
Partendo però da questi assunti e dalla consapevolezza che i percorsi non hanno bisogno di navigatori solitari, ma solo il “ noi” ci permette di costruire le strade, assicuriamo confronto leale, disponibilità al dialogo e all’ascolto“.
FONTE DELLE DICHIARAZIONI: PAGINE FACEBOOK PIERO TOMEI E PAOLO FENZI