Il nostro esperto, l’Avvocato Fabrizio Calamassi, ci illustra quello che potrebbe essere un cambiamento epocale
Il nostro esperto, l’Avvocato Fabrizio Calamassi, ci illustra quello che potrebbe essere un cambiamento epocale.
E’ costituzionale la previsione della normativa italiana che determina l’attribuzione automatica ai figli del solo cognome paterno, qualora manchi un diverso accordo fra i genitori volto ad assegnare anche il cognome della madre o solo quello di quest’ultima?
Questione sollevata dal Tribunale di Bolzano
E’ questo, semplificando, l’interrogativo che la Corte costituzionale, analizzando una questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Bolzano in un procedimento in cui i genitori intendevano attribuire al figlio solamente il cognome della madre, ha deciso autonomamente di sollevare e risolvere definitivamente.
L’ordinanza n. 18 del febbraio 2021
La Consulta, infatti, con ordinanza n. 18 dell’11 febbraio 2021 è nuovamente intervenuta sulla questione dell’attribuzione al figlio del cognome paterno, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, c.c., nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.
L’art. 262, comma I, c.c., stabilisce, infatti, che il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto e, se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre.
Questa normativa, secondo la Corte costituzionale, è “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”.
La regola, sancita dall’articolo 262, comma I, c.c., secondo i Giudici delle Leggi, non solo è fonte di “squilibrio” e “disparità tra i genitori”, ma “sacrifica” anche il “diritto all’identità del minore”, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno.
L’art. 262, comma I c.c.., contrasterebbe, a parere della Corte, con alcune disposizioni di rango costituzionale e sovranazionale ed particolare con:• l’art. 2 Cost., sotto il profilo della tutela dell’identità personale:
• l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’uguaglianza tra donna e uomo, come già rilevato dalla Consulta nella sentenza n. 286/2016;
• l’art. 117, I c., Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia diritti dell’uomo e libertà fondamentali (CEDU), che trovano corrispondenza negli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.Nell’ ordinanza n. 18/2021, la Consulta ha richiamato gran parte dei suoi storici precedenti in materia, a partire da quello del 1970 fino alla più recente pronuncia n. 286/2016 in cui, ravvisando il contrasto della regola del patronimico (cioè dell’assegnazione ai figli del cognome del padre) con gli artt. 2, 3, 29, c. II, Cost., veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.
In tale decisione si era preso atto che, in via temporanea, “in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità”, si continua a seguire la generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno, destinata a operare in mancanza di diverso accordo espresso dei genitori.
Pertanto, già con tale decisione, la Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale l’art. 262, comma I c.c., e, invocando un rapido intervento del Legislatore volto a modificare la normativa, aveva consentito nel frattempo la possibilità ai genitori, di comune accordo, di unire al cognome del padre anche quello della madre.
Nel caso di mancato accordo
In caso di mancato accordo, invece, al figlio si sarebbe continuato ad attribuire il solo cognome materno.
Tuttavia, dal 2016 l’auspicato e solerte intervento del Parlamento non c’è mai stato e con l’ordinanza n. 18/2021, la Corte Costituzionale si spinge molto oltre rispetto a quanto fatto nel 2016.
La questione
Infatti, la questione che ha sollevato e che ha deciso di risolvere è se, in caso di disaccordo fra i genitori, sia comunque possibile attribuire ai figli anche il nome della madre da aggiungersi a quello del padre o se, in ipotesi ancora più avanzata, laddove vi sia un accordo fra i genitori, il figlio possa acquisire solamente il cognome materno (in luogo di quello del padre).
E ciò sia per i figli nati all’interno del matrimonio, sia per i figli nati da coppie di fatto.
In definitiva ed in attesa della prossima decisione definitiva, la questione, nei termini in cui è stata sollevata e delineata dalla Corte Costituzionale, è di fondamentale importanza per il nostro Paese e ci fa capire che le pietre miliari del cammino di una civiltà verso l’uguaglianza, l’emancipazione, l’abolizione delle discriminazioni e, in definitiva, verso la giustizia intesa anche in senso etico, spesso passano per le aule giudiziarie.
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