Un’analisi critica sul degrado del verde urbano e le promesse irrealistiche
“Parliamo del più grande (6 ettari) e famoso parco storico di Livorno, che è la Villa Fabbricotti. Nel
corso degli anni questa area verde ha subito un costante degrado e impoverimento della
vegetazione. Un tempo c’era un ippocastano accanto alla villa e delle grandi querce sul lato via
Albertelli. All’inizio della nostra carriera ornitologica, quando negli anni ’80 studiavamo i pettirossi del
parco, c’erano anche dei boschetti rigogliosi. A quell’epoca la Villa Fabbricotti aveva anche un
custode che si occupava della sorveglianza e manutenzione. Oggi invece si preferisce usare i soldi dei
contribuenti per organizzare improbabili dibattiti per illudere la gente che la si sta coinvolgendo nelle
scelte riguardanti le cose pubbliche.
Intanto le siepi perimetrali di alloro sono state ripetutamente potate, vari alberi capitozzati ed i pini
ridotti a lunghi pali con un ciuffo di aghi in cima (tale indebolimento strutturale è il motivo per cui a
volte ne crolla qualcuno).
Soltanto pochi alberi sono stati rimpiazzati, e spesso è solo grazie alle cure e all’impegno di cittadini
volontari dei comitati e delle associazioni che vengono annaffiati e quindi si impedisce che secchino
subito dopo la messa a dimora.
Per non parlare degli usi impropri e invasivi del parco, quali i mercatini di Natale che hanno
ulteriormente compattato il terreno attorno agli alberi, con quelli che dovrebbero essere dei prati
trattati alla stregua di piazzali per container.
Adesso abbiamo saputo che sono previsti nuovi abbattimenti di alberi, ad esempio lungo il filare dei
platani. Quali possono esserne i motivi?
Forse la cavitazione, che invero è un processo fisiologico normale che avviene con l’invecchiamento
dell’albero, e non è necessariamente connesso con la sua pericolosità (come hanno scritto eminenti
agronomi su riviste specializzate, nella fattispecie il Dott. Giovanni Morelli che peraltro è l’estensore
del Piano del verde di Livorno). Tanto che i tubi delle impalcature o i pali dei segnali stradali sono
cavi, pur essendo perfettamente stabili. Del resto è praticamente impossibile trovare un albero senza
difetti.
Forse delle fitopatologie, per le quali spesso esistono cure idonee, compresi gli interventi di
miglioramento dello stato di salute, che non vengono quasi mai praticati: decompattamento del
terreno, fertilizzazioni, mentre al contrario le foglie cadute e il suolo vengono ripetutamente
asportati, anche dove non c’è un’esigenza tecnica quali la vicinanza di pozzetti e caditoie.
Forse le potature sbagliate del passato, per le quali si possono attuare interventi correttivi, atti a
ricondurre l’albero a una forma più naturale e armoniosa.
Forse le radici affioranti, per cui esistono diverse tecniche moderne per risolverne i problemi,
tutelando al contempo la presenza degli alberi.
Forse la presunta pericolosità, perché si suppone che attorno all’albero ci siano dei “bersagli”
rilevanti. Ma ragioniamo un attimo: quale è la pianta in città che se cade non provoca danni?
Pertanto se si desidera ottenere una sicurezza totale, l’unica soluzione è eliminare tutti gli alberi e
non ripiantarne altri. Ci sembra una soluzione percorribile e auspicabile? Del resto anche le sentenze
del Consiglio di Stato hanno affermato che la sicurezza al 100% (rispetto agli alberi) non può esistere.
Senza contare che si possono attuare interventi di miglioramento della stabilità, quali cavi e tiranti tra
le branche, e anche pali di sostegno.
Tra l’altro adesso siamo nel pieno della nidificazione degli uccelli, e i nidi sono protetti dalla legge
nazionale 157/92, tanto che lo stesso Regolamento comunale del verde pubblico e privato vieta
abbattimenti e potature almeno fino a luglio (salvo casi documentati di forza maggiore).
Quello che è certo è che il bilancio arboreo che ogni amministrazione comunale deve presentare a
fine mandato sarà piuttosto scarno, e non solo a causa di eventi meteoclimatici quali le bufere di
vento che hanno indotto diversi alberi a crollare (quelli troppo potati o con danni alle radici), ma
anche per i tagli “gratuiti”, sia in aree pubbliche che da parte di privati (a cui il Comune ha rilasciato
autorizzazione, vedi quelli abbattuti in via Machiavelli alla Rosa). Inoltre importanti aree verdi
finirebbero per scomparire se i nuovi piani urbanistici venissero attuati, tra cui il Parterre-Parco
Pertini e tutti gli ultimi lembi dei terreni aperti con vegetazione seminaturale – importanti sia per la
biodiversità che per migliorare la qualità dell’aria e prevenire allagamenti e alluvioni – come quelli alla
Scopaia, al Podere Loghino, al Levante (dove c’è un filare di lecci e sughere secolari).
Ma cari cittadini livornesi, non vi preoccupate. Come avrete visto dai manifesti che stanno
tappezzando la città, i nuovi piani urbanistici ci promettono 680.000 metri quadrati di nuove aree
verdi (pari a 68 ettari, più di 11 volte la superficie della Villa Fabbricotti). Ovviamente entro 300 metri
dalle case, seguendo la regola 3-30-300 contenuta nello stesso Piano del verde. Resta solo un
mistero: dove salteranno fuori questi terreni disponibili per realizzare nuovi parchi e giardini?”
Lipu Livorno
livorno@lipu.it
Cecilia.giorgetti@lipu.it