Quattro arresti nelle province di Milano e Napoli per truffe ai danni di persone anziane.
Il 05 marzo 2024, nelle province di Milano e Napoli, il Nucleo Investigativo del Comando
Provinciale Carabinieri di Monza Brianza, supportato dai Comandi dell’Arma competenti
per territorio, ha arrestato 4 persone, tutte di nazionalità italiana e di età compresa tra i 30
e i 61 anni, in esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere
emessa dal G.I.P. del Tribunale di Monza. Nel corso dell’operazione, su delega del
pubblico ministero, sono state altresì eseguite perquisizioni personali e locali a carico dei
medesimi indagati.
Il provvedimento si basa sui gravi indizi di colpevolezza acquisiti nell’ambito di un’articolata
indagine che ha portato alla luce, secondo l’impianto accusatorio ritenuto valido dal
Giudice cautelare, l’esistenza di un sodalizio organizzato, avente basi operative
individuate a Napoli e Milano, dedito alla consumazione di una serie indeterminata di truffe
nelle regioni del Nord Italia, inclusa la provincia di Monza e della Brianza, ai danni di
persone anziane o comunque particolarmente vulnerabili.
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza che ha
richiesto l’emissione della misura cautelare, sono state avviate a seguito di due denunce
sporte presso le Stazioni Carabinieri competenti da altrettante vittime residenti
rispettivamente a Vimercate e a Seregno, e si sono successivamente sviluppate per alcuni
mesi attraverso l’analisi dei tabulati telefonici, l’intercettazione delle utenze telefoniche in
uso agli indagati, servizi di osservazione e pedinamento, acquisizione di registrazione
video, accertamenti patrimoniali e analisi dei dati acquisiti.
Significativo rilievo indiziario hanno assunto le attività di riscontro effettuate sul territorio
mediante appositi servizi di osservazione e pedinamento, grazie ai quali, in svariati casi,
con il supporto delle Compagnie Carabinieri competenti, è stato possibile intervenire
nell’immediatezza, controllare e perquisire gli indagati e recuperare il provento (contanti e
oggetti preziosi), rinvenuto nella loro disponibilità, di truffe appena consumate,
restituendolo quindi alle vittime.
Gli episodi oggetto di indagine si sono verificati, oltre che nel territorio brianzolo, in altre
località lombarde (Cantù, Voghera e Crema) e Piemonte (Alessandria e Novara).
Il collaudato modus operandi accertato in sede di indagine prevedeva un primo contatto
telefonico con la vittima da parte di un sedicente carabiniere o avvocato, il quale le riferiva
di aver ricevuto, da parte di un prossimo congiunto, la richiesta di chiamarla e di
rappresentarle l’impellente necessità di somme di denaro (comprese di massima tra i
3.000 e i 12.000 euro) per rimediare a una disavventura (arresto a seguito di un sinistro
stradale o guida senza assicurazione) in realtà mai avvenuta. Nel corso della
conversazione fraudolenta, l’autore sfruttava l’età della vittima e la sua predisposizione
affettiva, facendo leva, in particolare, sulla prospettazione dell’esposizione a pericolo del
congiunto e dell’urgenza dell’intervento, in modo da destabilizzarla emotivamente e non
concederle tempo per consultarsi o riflettere sulla situazione. Una volta carpita la fiducia
dell’interlocutore, questi veniva raggiunto da un emissario (che si fingeva in genere
dipendente dello studio legale) al quale consegnava la somma richiesta.
Le risultanze investigative raccolte hanno consentito la formulazione di 8 distinti capi di
imputazione inerenti ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e di
concorso in truffa aggravata. Secondo la prospettazione accusatoria, infatti, gli autori
agivano in una forma stabile ed organizzata che contemplava, tra l’altro, la ripartizione di
compiti e ruoli, l’esistenza di basi operative (una delle quali individuata in un appartamento
sito nei pressi della Stazione Centrale di Milano) e la predisposizione di risorse materiali
(veicoli a noleggio, utenze telefoniche, etc.) per gli spostamenti e per l’esecuzione delle
azioni fraudolente. In particolare i ruoli erano così delineati:
- il capo, un 41enne residente a Napoli (il c.d. “centralinista”), che pianificava il
compimento delle azioni delittuose, organizzava il lavoro nei minimi particolari,
procacciava le schede telefoniche con intestatari fittizi e i telefoni “usa e getta”,
selezionava e contattava le vittime, coordinava e dirigeva l’azione dei complici che
si presentavano a casa delle stesse per ritirare il profitto del reato, procurava i
mezzi per gli spostamenti in loco e per il trasporto della refurtiva dal luogo del reato
a Napoli, copriva le spese e remunerava i partecipanti all’associazione. Ha, financo,
costituito il punto di riferimento per dirimere controversie o problemi insorti nella
commissione delle truffe, arrivando a fornire ai complici contatti di un legale per la
tutela avverso le indagini in corso. - l’uomo di fiducia del capo, un trentenne anch’egli residente a Napoli, incaricato di
tenere i contatti con i sodali che si recavano dalla vittima per la commissione delle
truffe, consegnando agli stessi telefoni “usa e getta” ed i veicoli per gli spostamenti,
tutti provenienti da società di noleggio per ostacolare l’identificazione degli
utilizzatori dei mezzi, ai quali lo stesso forniva indicazioni per la commissione dei
reati fine; - i due cc.dd. “operativi”, un 47enne e un 61enne, entrambi domiciliati nel milanese
che sulla base di quanto emerso dalle attività investigative, sono risultati essere gli
associati dediti alla commissione dei reati-fine, in quanto incaricati di recarsi dalla
vittima presentandosi sotto la falsa identità e qualità per la riscossione del profitto
delle truffe.
Gli arrestati sono stati tradotti presso le rispettive Case circondariali di riferimento, a
disposizione dell’Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento.
Ulteriori approfondimenti investigativi saranno effettuati per verificare il coinvolgimento del
presunto sodalizio in altri episodi verificatisi nell’area di operatività del gruppo.
Si precisa che gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza
definitiva di condanna.