Il Sindaco di Pisa, Michele Conti, celebra l’apertura della mostra “Giacomo Matteotti, ritratto per immagini” al Museo della Grafica.
Pisa, 23 febbraio 2024. Si è svolta questo pomeriggio la inaugurazione della mostra
“Giacomo Matteotti, ritratto per immagini” in corso a Pisa al Museo della Grafica fino al
prossimo 11 aprile. Di seguito l’intervento del Sindaco di Pisa, Michele Conti.
«In primo luogo voglio ringraziare quanti si sono attivati per rendere possibile la
presenza a Pisa della mostra dedicata alla figura di Giacomo Matteotti, promossa dal
Comitato nazionale per le celebrazioni della sua morte e già ospitata nell’autunno scorso
alla Camera dei deputati. In particolare un ringraziamento va all’Università di Pisa e al
Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura; al museo della Grafica, luogo di
cultura e punto di connessione fra il Comune e l’Ateneo grazie a un virtuoso accordo di
co-gestione di Palazzo Lanfranchi; allo stesso Comitato nazionale per le celebrazioni del
centenario della morte di Giacomo Matteotti.
Il Comune ha sostenuto questa iniziativa nella convinzione che la conoscenza della
nostra storia è il primo gradino per promuovere la cittadinanza attiva, dei giovani in
modo particolare. Pisa e la sua comunità cittadina, lo ripetiamo ad ogni
commemorazione importante, ha un dovere in più di altre città nel ricordare
pubblicamente certi momenti della storia e certe figure. La firma delle leggi razziali a San
Rossore nel 1938 ne sono una delle ragioni.
Ma Pisa fu anche un terreno di duro e cruento scontro politico negli anni dell’avvento
del fascismo. Nell’aprile del 1921, fuori dalla scuola di via Contessa Matilde e di fronte ai
suoi alunni, veniva ucciso a freddo, da giovani fascisti, Carlo Cammeo, un maestro di
appena 24 anni, attivista del partito socialista, di cui era segretario, oltreché segretario
della Camera del Lavoro di Pisa.
Il motivo di quella esecuzione tanto plateale e barbara era di vendicare la morte di un
altro giovane avvenuta qualche tempo prima. La sua unica colpa, secondo i sicari, quella
di propagandare le sue idee con gli scritti.
Le violenze politiche prima della marcia su Roma macchiarono le nostre città con il
sangue versato di tanti giovani. Furono quelli tempi difficili e sanguinosi. Ragazzi e
ragazze, giovani, studenti, lavoratori, agricoltori, operai, si scontravano fino alla morte in
nome di un’ideale o di un altro. Spesso anche pisani contro altri pisani. Italiani contro
italiani. Una stagione dolorosa che aveva presto dimenticato l’insegnamento di un’altra
generazione di giovani, quella nata nel secolo precedente e che, invece, lottò unita in
nome di un’ideale alto e nobile, fare dell’Italia una sola Nazione, dopo secoli di divisioni
e dominazioni straniere. E, come sappiamo, anche in quel periodo, il Risorgimento, Pisa
seppe dare natali a donne e uomini che contribuirono a quella fase, oltre a dare ospitalità
e conforto ai protagonisti di quella stagione, Giuseppe Garibaldi e, su tutti, Giuseppe
Mazzini.
Purtroppo, quello slancio ideale e unitario andò presto in frantumi, a causa anche della
pesante crisi economica e sociale dell’immediato primo Dopoguerra, con giovani che si
schierarono con il fascismo, mentre loro coetanei si trovarono tra le fila del comunismo,
del socialismo, dell’anarchismo».
«In quel periodo di grandi passioni e violenze, furono pochi a cercare una sintesi e una
via d’uscita nella ragione, nel confronto, nella politica. A prevalere fu la violenza che finì
per condurre il Paese alla dittatura del fascismo prima e alla guerra poi. Giacomo
Matteotti fu uno dei pochi che, anche nella tempesta delle passioni, seppe rimanere saldo
sui suoi principi ispiratori, quelli di un socialismo non rivoluzionario ma gradualista.
Riformatore. Oggetto più volte delle violenze fasciste non si perse mai d’animo, non
smise di lottare per i valori in cui era cresciuto e per cui si batteva. Ma soprattutto non
smise mai di studiare e mettere in pratica i suoi principi ideali per aiutare le persone più
deboli e le fasce più povere della società. In particolare della sua terra, il Polesine, della
quale fu più volte amministratore locale, consigliere, assessore e sindaco.
Una dimensione, quella di amministratore locale, che non perse nemmeno quando si
trovò a Roma da deputato prima e segretario nazionale del Partito socialista unitario poi.
Il punto di vista di un amministratore infatti fa acquistare un’altra dimensione
all’impegno politico. Fa comprendere le esigenze e le priorità delle persone al di là delle
ideologie. E che fa maturare le scelte oltre che dalle proprie convinzioni anche dal
confronto con la realtà e con gli altri, fino ad assumere decisioni nel superiore interesse
generale e collettivo.
Anche per questo la figura di Giacomo Matteotti, nonostante sia conosciuta la sua
drammatica vicenda personale e il suo tragico epilogo con il rapimento e l’uccisione per
mano di sicari fascisti nel 1924, può e deve continuare ad essere studiata. Perché a mio
parere offre ancora oggi un esempio su come si può e si deve fare politica e di come
interpretare il ruolo di amministratori pubblici.
Sottile ma fondamentale è poi il legame tra Matteotti e la nostra città, tramite la moglie
Velia Titta che a Pisa era nata e si era formata. A suo fratello, Ruffo, celebre baritono, è
dedicata una sala al teatro Verdi che raccoglie i suoi oggetti e costumi di scena. Dopo
l’uccisione del cognato, di cui portò il feretro a spalla in occasione dei funerali a Fratta
Polesine, decise che non avrebbe più cantato in Italia. Rinunciò alla carriera e venne
dichiarato sovversivo. Ecco, conoscere meglio la nostra storia, come dicevo all’inizio
dell’intervento, può aiutarci a comprendere cosa accade prima dell’avvento e del
consolidamento di una dittatura.
Oggi, che nel mondo le democrazie sembrano ovunque in affanno, è dunque opportuno
rileggere quello scorcio della nostra storia recente anche con una mostra come quella che
andiamo a inaugurare e con una serie di altre iniziative che ci accompagneranno per tutto
il mese di marzo.
Il mondo oggi vive tempi complessi, crisi economiche, disastri ambientali, guerre che
bussano sempre più vicino alle nostre porte. Da più parti si chiede stabilità. Ma noi
sappiamo, per averla provata sulla pelle dei nostri avi, che non è con la dittatura che
possiamo ottenerla, ma solo attraverso il rafforzamento di valori quali la libertà, la
giustizia sociale e la democrazia su cui è fondata la nostra Carta Costituzionale. Valori
che si rinsaldano anche dal riconoscimento di una memoria condivisa intorno a figure
centrali come quella di Giacomo Matteotti».