“Ne’ oblio ne’ strumentalizzazioni politiche”
Le foibe e l’esodo sono la storia di un confine difficile e complesso, come è stato quello orientale tra Italia, Slovenia e Croazia. E dall’analisi di quella complessità storica occorre partire per celebrare nel modo più corretto il “Giorno del Ricordo”: un impegno che la Regione Toscana porta avanti da anni, per costruire, grazie alla conoscenza della storia, ponti di pace coinvolgendo le giovani generazioni.
“Le vittime di quel dramma – risponde ai giornalisti l’assessora all’istruzione e alla cultura della memoria Alessandra Nardini – non meritano né l’oblio né le strumentalizzazioni politiche che anche quest’anno purtroppo non sono mancate da parte di esponenti di destra che hanno accusato la Regione Toscana di non coinvolgere i testimoni di quella tragedia, cosa assolutamente non vera, e che hanno criticato il fatto che l’iniziativa di questa mattina veda il contributo fondamentale e centrale degli Istituti storici della Resistenza e dell’età contemporanea, sia di quello toscano che di quello grossetano. Organizziamo da anni iniziative coinvolgendo le scuole toscane, affinché non si disperda la coscienza della complessità e la tragicità degli eventi che si svilupparono sul confine orientale e il futuro sia libero da odio e persecuzioni.
L’inziativa di quest’anno si inserisce in questo solco e ha visto l’intervento di Marino Micich, direttore della Società di Studi Fiumani e figlio di esuli, oltre a rappresenta la tappa conclusiva di un progetto annuale centrato sul gemellaggio fra studentesse e studenti toscani e studentesse e studenti italiani di Fiume. “Un progetto innovativo – rimarca l’assessora – che mette al centro proprio le giovani generazioni e un progetto di conoscenza storica: per questo affidato agli istituti della Resistenza, che sono istituti di storia contemporanea che si occupano delle vicende del Novecento e da venti anni anche della storia del confine orientale italiano”.
Le memorie degli esuli sono parte essenziale del progetto, oggetto dello studio e del confronto svolto con studentesse e studenti partecipanti, oltre alla conoscenza dei luoghi a Fiume e in Toscana che ragazze e ragazzi visitano.
“La Regione Toscana – ribatte ancora l’assessora – investe su progetti seri, articolati nel tempo e innovativi, che consentono a studentesse e studenti di analizzare la complessità delle vicende a partire dalle voci delle protagoniste e dei protagonisti con gli strumenti della conoscenza storica. Continuiamo a pensare che il modo migliore per ricostruire quelle vicende sia affidarsi a chi le studia, affidare l’impianto delle commemorazioni agli storici più che alle tentazioni di strumentalizzazione politica.”
Al Teatro La Compagnia di Firenze erano così oggi presenti oltre trecento studentesse e studenti delle scuole secondarie di secondo grado – molti altre e altri collegati in streaming – oltre a studentesse, studenti e insegnanti della scuola media superiore italiana di Fiume, arrivati ieri in città dove si tratterranno per alcuni giorni. Tutti insieme per far sì che un confine che ha diviso torni ad essere un luogo dove invece ci si incontra, a venti anni dall’istituzione da parte del Parlamento italiano del Giorno del Ricordo dedicato alla tragedia delle foibe, al ricordo delle vittime e all’esodo degli italiani fiumani e giuliano-dalmati dalle loro terre.
Cita il Presidente Mattarella l’assessora nel suo intervento iniziale dal palco, per sottolineare il dovere civile di ricordare e non dimenticare. Ma ricordare e non dimenticare significa per l’appunto non disperdere la complessità e tragicità di quegli eventi, appoggiandosi alla storia.
“Ricordare quell’orrore – riflette – e ricordare quel dramma è fondamentale per costruire un futuro diverso, dove finalmente si riesca a imparare davvero la lezione della storia. Purtroppo questo non sta accadendo, basti pensare alle tante guerre che ancora oggi insanguinano il mondo, dalla Striscia di Gaza a quello che sta succedendo in Ucraina, solo per citarne alcune”.
“In quel pezzo di terra sull’Adriatico – spiega dal palco ancora l’assessora – si concentrarono tutti gli orrori del Novecento, dalla persecuzione anti-slava dei nazifascisti, che nessuno può cancellare o minimizzare, alla repressione dei comunisti di Tito contro gli italiani, con una violenza indiscriminata di cui furono vittime rappresentanti delle istituzioni, militari, civili inermi, sacerdoti, operai, intellettuali, donne, partigiani antifascisti.”
“Conoscere – prosegue l’assessora – per tramandare la coscienza di quello che è accaduto è necessario ed è essenziale che le scuole, le giovani generazioni, siano protagoniste di questa consapevolezza sul passato, per essere attrezzate a vivere il presente e il futuro immuni dalle spirali ideologiche, dall’odio, dalle divisioni.”
Nardini ricorda come in quel periodo quasi tutta l’Italia ritrovava il sapore della libertà, grazie alla liberazione dal nazifascismo e al ripristino della democrazia, mentre un destino diverso attendeva le italiane e gli italiani che da sempre vivevano nei territori ora occupati dalle truppe jugoslave. “Territori – dice – a cui il Novecento ha chiesto prove davvero durissime: la prima Guerra Mondiale con battaglie particolarmente cariche di devastazione, la violenza del fascismo contro le minoranze slave, gli effetti della guerra totale, l’occupazione e l’oppressione nazista, infine la sistematica violenza contro gli italiani da parte del comunismo jugoslavo”. Tutti tasselli che vanno tenuti assieme, dall’italianizzazione forzata del fascismo di confine alla slavizzazione imposta da Tito . Tra 250 e 300 mila italiani furono costretti o decisero alla fine di fuggire, scegliendo l’esodo.
“E’ fondamentale – conclude Nardini – guardare a quei tragici fatti e analizzarli nella complessità di ciò che accadde e rifuggire dal tentativo di piegare questo giorno, patrimonio di tutte le italiane e tutti gli italiani, a un patrimonio di parte”. Le parole dello presidente Ciampi pronunciate quando il Giorno del Ricordo fu istituito (e ricordate dall’assessora al termine del suo intervento) tracciano la via. “Il riconoscimento del supplizio patito è un atto di giustizia nei confronti di ognuna di quelle vittime. L’Italia non può e non vuole dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro”.