In un post social uno storico dell’arte livornese ha espresso un parere critico nei confronti della scelta di cambiare la pavimentazione di via Grande coi cosiddetti “tramezzini”
Si sta allargando sempre più la frangia critica che si oppone al progetto dell’amministrazione livornese di voler riqualificare la pavimentazione dei portici di via Grande andando a sostituire la classica palladiana post-bellica con dei motivi che, inevitabilmente, con spirito goliardico i livornesi hanno già ribattezzato “tramezzini”.
Tra le molte critiche emerge un approfondimento ad opera di un cittadino livornese, Gianni Schiavon, classe 1975, storico dell’arte forte di plurime esperienze che ha deciso di esporre in forma di post le ragioni tecniche della sua assoluta contrarietà al progetto, del quale proporremo alcuni stralci ed il link alla fonte integrale.
Gianni apre la sua esposizione con l’assunto che il bando stesso abbia un importante vizio di forma, ovvero:
“…un errore commesso in fase di redazione del Bando, nel quale si legge di «restauro non filologico» (imm. 1); una sorta di ossimoro se si prendono in considerazione la definizione ed il concetto stesso di restauro, precisabile linguisticamente come «un’attività legata alla manutenzione, al recupero, al ripristino e alla conservazione delle opere d’arte, dei beni culturali, dei monumenti ed in generale dei manufatti storici […] al quale venga riconosciuto un particolare valore». […] <<Per restauro si intende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione e trasmissione dei suoi valori culturali»”
Riassumendo, il bando parlerebbe esplicitamente di un restauro, mentre in realtà si verificherebbe una sostituzione di buona parte dell’impianto originale. Gianni si appella successivamente a un trattato internazionale:
“la Carta di Cracovia del 2000 inerente i <principi per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito», nella quale un passaggio appare fondamentale alla comprensione della nostra vicenda ovvero quello nel quale si specifica che «gli edifici nelle aree storiche», e quella del Pentagono Buontalentiano è tale anche se ricostruita nel periodo postbellico, <<possono anche non avere un elevato valore architettonico in sé stessi, ma devono essere salvaguardati […] per le loro connotazioni […] decorative e cromatiche che li caratterizzano come parti connettive, insostituibili».”
Viene dunque sottolineato come lo studio vincitore del bando, Architetti di Ipostudio, abbia compiuto un’ispezione delineando quali tratti dei porticati abbiano necessità di smantellamento e quali invece potrebbero subire “ritocchi” meno drastici, in base alle condizioni (o alla presenza) della palladiana; Gianni esprime forti perplessità proprio in merito a quei tratti che, pur in buono stato, potrebbero venire comunque rimossi, indicando in un simile scenario le “responsabilità esclusive dell’Amministrazione Comunale configurando peraltro, nei confronti della stessa, la tutt’altro che remota ipotesi di reato di danno erariale giacché si andrebbero a smantellare pavimentazioni in pressoché perfetto stato di conservazione con conseguente inutile spreco di denaro pubblico.”
Il dibattito in questione è ancora aperto e molto sentito dai livornesi; di seguito il link al post integrale di Gianni Schiavon: