Ottanta anni fa le due sorelline vivevano la deportazione e i campi di sterminio nazisti
“L’umanità ha la memoria corta”, dice Andra, e per questo “è importante ricordare, importantissimo, forse proprio in questo momento, che stanno succedendo queste cose in Medioriente”, dice Andra. “La Memoria non deve andare perduta. Certe cose non devono ripetersi”, aggiunge Tatiana.
Sono le sorelle Bucci. Origine ebraiche, esattamente 80 anni fa conoscevano la deportazione e i campi di sterminio a 6 e 4 anni. Come già accaduto in passato, questa mattina hanno calamitato l’attenzione dei 400 studenti riuniti a La Compagnia di Firenze e agli oltre 5000 collegati da 316 classi di 71 istituti toscani. Con dignità e sobrietà hanno raccontato ancora una volta l’orrore che hanno dovuto vivere sulla pelle di bambine.
E una volta terminato il Meeting che la Regione ha organizzato con le scuole anche quest’anno in occasione del Giorno della Memoria, si fermano a rispondere ad alcuni giornalisti. Gli chiedono del significato odierno della Memoria della Shoah e dei piani criminali di sterminio e deportazione dei nazisti con la collaborazione dei fascisti italiani. Dei tentativi di “ridefinirla, la Memoria. Ammettono di aver dubitato sul senso che ha ancora oggi la loro instancabile attività di testimonianza.
“Quando è scoppiata la guerra tra Hamas e Israele – osserva Andra – ho pensato: ma allora tutto quello che abbiamo fatto noi, tutte le volte che abbiamo parlato, la fatica, è stato inutile?”.
Ma quei dubbi poi si sono dissolti. “No, non è sbagliato” è la risposta che si è data, “bisogna continuare a farlo proprio perché non succeda ancora”.
Anche Tatiana si dice contenta di aver ascoltato la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, che di fronte alle domande che si è posta ha continuato a spronarla. “Sono contenta di averlo fatto, di essere stata anche ad Auschwitz recentemente e di ritornarci la settimana prossima di nuovo con altri ragazzi. É per le ragazze e i ragazzi che va fatto. “Perchè capiscano che certe cose, nonostante sia molto retorico, non si ripetano più”.
Questo filo che lega passato e presente, questa convinzione nella necessità della Memoria, che emergono dalle riflessioni di Andra e Tatiana sono le stesse che attraversano l’intero Meeting, non per caso nel 2024 intitolato “Memoria e conoscenza: semi di pace”.
Per tutta la mattina – tra i suoni interetnici dell’Orchestra multietnica di Arezzo e dell’Alexian Group, diretti da Enrico Fink e Alexian Santino Spinelli – si susseguono le molteplici sfaccettature dell’orrore nazifascista: lo sterminio degli ebrei, le persecuzioni e deportazioni di dissidenti politici, disabili, rom e sinti, persone Lgbtqia+, e dell’altra Resistenza, quella degli internati militari italiani. Un viaggio di storie e approfondimenti, realizzato insieme alla Fondazione Museo della Deportazione e della Resistenza, l’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’Età Contemporanea, in collaborazione con Ufficio scolastico regionale e Fondazione Sistema Toscana, nell’ambito di GiovaniSì, il progetto regionale per l’autonomia dei giovani.
Intervengono le istituzioni, dal presidente Giani all’assessora Nardini, al presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo. Ogni passaggio è tenuto assieme da Luca Bravi, dell’Università di Firenze, e dalla sociolinguista Vera Gheno, che esplorano le connessioni tra parole e Memoria: razza, politica, Shoah, queer, abilismo, nomade, casa.
Ugo Caffaz, consulente per le politiche Memoria della Regione Toscana e inventore del Treno della Memoria ormai più di venti anni fa, rinsalda ancora di più il legame tra ieri e oggi. “Ricordare è necessario, ma evidentemente non è sufficiente – dice – se guardiamo a cosa succede nel mondo, se non ci ribelliamo e se restiamo indifferenti”. E ammonisce citando ancora una volta Primo Levi: “Auschwitz è dentro di noi, attorno a noi, noi come esseri umani”.
Poco prima padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato a Monte e promotore della fiaccolata per la pace nell’ottobre scorso, aveva detto nel suo intervento: “è necessaria questa umiltà della memoria, che è un ri-cominciamento grazie al quale, come diceva Paul Ricoeur, ricordarsi è davvero ricominciare”. “Grazie perché il nostro stare insieme, sperimentare trasversalità di amicizia nel segno di un lucido discernimento antifascista della nostra storia, può dare a tutti noi un’occasione preziosa per incominciare qualcosa di nuovo e di diverso con un orizzonte ben preciso: pace, giustizia, libertà, reciprocità, e possibilmente, amicizia”.