L’esposizione dedicata alla produzione geometrica del pittore e curata da Jacopo Suggi sarà aperta dal 1 al 18 dicembre
Presso lo studio Area Più dedicato a design e architettura, l’artista Fabrizio Giorgi espone la sua produzione artistica che riflette sulle forme.
L’iniziativa curata da Jacopo Suggi, metterà in risalto le riflessioni di Giorgi sull’arte geometrica, che ormai porta avanti dagli anni ’70, le tele estroflesse e l’arte pop.
Chi ha seguito la prorompente stagione espositiva di Fabrizio Giorgi in questo 2023 rimarrà certamente stupito a constatare come ad ogni appuntamento il pittore livornese si sia presentato con una produzione tanto diversificata da farci credere di non essere davanti alle opere di un solo artista, ma di un manipolo intero.
Già in numerose occasioni, da me e da tanti altri prestigiosi colleghi è stato sottolineato come questa voracità creativa sia la cifra più tipica del nostro Giorgi, un vulcanico artista capace di lavorare sui fronti più disparati, sulle ricerche più antitetiche, senza mai risultare artificioso, stanco o banale.
Nell’attuale mostra “Fabrizio Giorgi – Forma Mentis”, con cui salutiamo l’anno presente, Giorgi ha voluto mettere da parte le sue indagini sulla pittura informale e sulla libertà gestuale, e altrettanto ha fatto con le sue opere frutto di assemblaggi e derivate dal riuso di materiali di scarto, per condurci invece in un immaginario robusto e ordinato, scandito da misurate regole.
“Forma Mentis” presenta un sunto di questa produzione a cui Giorgi si approccia ormai dai tardi anni ‘70, frutto delle sue personali riflessioni sulla sintassi di Mondrian quanto sul verbo di Malevič, cioè tese verso la ricerca di un’armonia ed equilibrio formale, quanto a scandagliare ciò che non si palesa agli occhi, poiché la forma è la via visibile, che la mente percepisce dell’invisibile.
Ad accogliere il visitatore nelle sale espositive è un caleidoscopio di forme e di colori, le sue strutture spaziali sondano lo spazio in molteplici direzioni, con movimenti centrifughi, spinte centripete, ritmi che variano da quelli più serrati fino a superfici più rasserenate.
Questi preziosi intarsi di forme e di colori incontrano talvolta le estroflessioni, che rendono le strutture più complesse tra forme concave e display convessi, in spazi figurati che sporgono verso di noi, dandoci quasi l’illusione di poterli abitare, di poterci abbandonare tra la sinuosità di una linea e la profondità di un piano monocromo.
In altre opere, le estroflessioni rendono l’opera solida, abbandonano la bidimensionalità in favore di figure geometriche che si fanno concrete, complicano la nostra percezione fra pieni e vuoti, mentre i codici a barre che le accompagnano sono presi in prestito da quel linguaggio del nostro mondo massificato e capitalista, dell’industria e del commercio, dove una sequenza di numeri stabilisce, cataloga e incatena le identità dei prodotti, con i quali lentamente finiamo per rassomigliare.
Altre volte ancora, le estroflessioni si fanno complesse e articolate carpenterie, intricati telai, che evocano vere e proprie icone della nostra contemporaneità: la Vespa, la Coca Cola, o la pera che in un gioco un po’ beffardo Giorgi ribattezza “mela”, e non a caso, poiché ci ricorda quel celeberrimo logo di uno dei colossi della Silicon Valley. In queste opere, certo non manca l’ennesima riflessione sulla società odierna, ma ci viene proposta come un gioco ludico, di forme accattivanti e di colori suadenti, vivacizzati da luci a led.
Ecco, io credo che l’innata propensione di Giorgi di sapersi esprimere attraverso un campionario infinito di forme, che di volta in volta l’artista sceglie con esattezza, sia dimostrazione della bontà della sua ricerca poiché, come già testimoniava il grande critico Matteo Marangoni, “ogni forma è buona se corrisponde perfettamente al suo contenuto e viceversa.”