Alle porte della terza allerta meteo di quest’autunno alcune giovani madri lavoratrici hanno voluto far sentire la propria voce riguardo alle loro necessità
Sono numerosissime le testimonianze di queste donne che vogliono avere voce e diritto di esprimere la rabbia, talvolta la disperazione, di essere messe di fronte alla dura scelta tra il lavoro ed i figli.
Ecco alcune testimonianze:
Alice, madre di due figli, racconta come dover lavorare e accudire i suoi figli sia praticamente impossibile, a causa delle numerose allerte meteo e degli scioperi ormai continui. Non potendo purtroppo contare sul sostegno di nonni o altri familiari, col marito che lavora lontano da casa, si sta trovando obbligata a chiedere permessi da lavoro, erodere le proprie ferie o darsi malata.
Francesca, madre di una bambina, incontra gli stessi problemi; dovendosi dividere tra la famiglia ed il lavoro e non potendo contare sul marito, oberato da lunghi turni, sta considerando di assumere una babysitter, che andrebbe a pesare sul bilancio familiare in un quadro inflazionistico già molto difficile.
Sara usa parole ancora più taglienti: madre di un vivace bambino di 4 anni, si chiede il perché di tanto allarmismo.
“Anziché proclamare costanti allarmi, non sarebbe meglio prevenire?” – scrive Sara “Non sarebbe più opportuno mettere le aree critiche in sicurezza, invece di chiudere tutto per ogni temporale in arrivo?”
L’obiezione di Sara rappresenta quasi una voce univoca sul tema: il liberamento dei tombini e l’attenzione ed il controllo verso le infrastrutture scolastiche sono un tema molto sentito in tutti i messaggi, così come lo è la volontà di non dividersi tra l’essere madri e lavoratrici, persone cioè in grado di sostenere il carico familiare in un momento storico che non consente alcun margine di errore.
Inoltre sono pochissimi gli incentivi a disposizione delle madri lavoratrici che si trovano ad affrontare queste situazioni emergenziali, addirittura nulli quando si parla del mondo del lavoro; tutto questo si somma all’inflazione galoppante in un quadro di denatalità su cui, al momento, non ci sono risposte concrete.