Prosegue la battaglia della Regione sul dimensionamento della rete scolastica. Oggetto del ricorso il decreto che riduce in tre anni 24 istituti
La Regione Toscana prosegue la battaglia contro gli accorpamenti degli istituti scolastici, impugnando anche il decreto del Governo davanti al TAR del Lazio per impedire il taglio di oltre 20 autonomie scolastiche nei prossimi tre anni.
La decisione della Giunta arriva dopo alcuni passaggi compiuti negli ultimi mesi: il parere negativo espresso sia in Commissione “Istruzione, Università e Ricerca” della Conferenza delle Regioni sia in sede plenaria della stessa Conferenza, il ricorso alla Corte costituzionale contro le disposizioni in legge di bilancio in materia di dimensionamento, e la delibera regionale di indirizzo ai territori con cui la Toscana conferma che il dimensionamento corretto è quello attuale.
Ora la Regione si muove per chiedere alla giustizia amministrativa l’annullamento, con sospensiva in via cautelare, del Decreto interministeriale emanato nel giugno scorso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, e di tutti gli atti conseguenti che riducono il numero dei dirigenti e dei direttori dei servizi generali e amministrativi delle scuole toscane sin dal prossimo anno.
Il Decreto oggetto del ricorso prevede per la Toscana una diminuzione dagli attuali 470 autonomie scolastiche a 455 per il 2024/2025, scendendo ulteriormente a 452 per l’anno scolastico 2025/2026 e 446 nel 2026/2027.
“In soli tre anni una riduzione di ben 24 istituzioni scolastiche rispetto alla situazione esistente, che non possiamo tollerare”, fa notare il presidente Giani, sottolineando come le decisioni del governo siano sbagliate “sia nel merito sia nel metodo, perché si indebolisce il sistema scolastico regionale, a detrimento in particolare delle aree interne e insulari, e si mette in discussione il confronto con le Regioni, arrivando a minare le loro competenze sulla disciplina dell’organizzazione scolastica”.
Tra le ragioni del ricorso eccesso di potere ed arbitrarietà, illogicità manifesta, violazione dei principi di imparzialità, trasparenza, efficienza e di buona amministrazione con riferimento alla garanzia del diritto all’istruzione. Nel mirino della Regione c’è soprattutto il mancato rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e del corretto esercizio del potere sostitutivo previsti dal Titolo V e chiariti dalla giurisprudenza costituzionale. In particolare, le norme del Governo che dispongono i tagli nonostante il mancato accordo in Conferenza unificata Stato-Regioni configura “un secco intervento sostitutivo statale” ed esclude “un coinvolgimento effettivo e realmente collaborativo delle Regioni”, a cui la Costituzione affida la competenza sull’articolazione della rete scolastica. Il ricorso punta inoltre a smontare l’argomentazione secondo cui il provvedimento sarebbe stato imposto dal Pnrr, chiarendo alcuni punti indicati nella Missione 4 del Piano.
“La riorganizzazione della rete scolastica doveva e poteva essere fatta in altro modo, come in altro modo doveva e poteva essere concessa alle Regioni più autonomia sul dimensionamento, per cercare di dare risposte alle specifiche esigenze dei territori, a partire dalle aree interne, da quelle insulari e dai Comuni montani. Invece così si impongono solo tagli e poi si scarica sulle Regioni la responsabilità di dire dove effettuarli”, spiega la decisione della giunta l’assessora all’istruzione Alessandra Nardini, che aggiunge: “Al Governo, purtroppo, la pandemia ha insegnato ben poco. Non si investe né sulla sanità, né sulla scuola pubbliche. Si scegli di tagliare e definanziare”.
“Per una Regione come la nostra, che negli anni si è impegnata a dimensionare correttamente, a realizzare i Comprensivi per garantire la continuità verticale riconoscendone la valenza positiva dal punto di vista pedagogico e organizzativo – proseguono Giani e Nardini – tagliare adesso significa produrre effetti negativi dal punto di vista delle ricadute educative e occupazionali”.
“Continueremo a confrontarci con Comuni e Province, tramite ANCI e UPI Toscana, e con le organizzazioni sindacali – concludono – per condividere come muoverci e opporci a questa scelta e a tutte le altre che avranno come conseguenza tagli alla scuola”.