Il leader di Unità d’Azione Comunista Livorno interviene in merito al conflitto in corso

Il leader di Unità d’Azione Comunista Livorno interviene in merito al conflitto in corso.
Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato:
Premessa: questo intervento/lettera non vuole assolutamente minare la necessaria solidarietà, che Livorno deve avere verso tutti i popoli che soffrono qualsiasi guerra, ma semmai vuole porre una riflessione sui tragici eventi che stiamo vivendo, stravolti da una narrazione tendenziosa che difficilmente porterà alla pace nella quale tutti speriamo.
Mi rivolgo al Sindaco, all’amministrazione, alle associazioni intervenute ed alla città più in generale, alla mia amata Livorno, sempre solidale quando necessario ma che deve anche approfondire i fenomeni complessi come questo che stiamo vivendo, per non diventare funzionale a chi non coltiva affatto la pace, ma bensì la guerra.
In questi giorni siamo stati travolti dalla tragicità del conflitto in Ucraina, ed è partita puntualmente la macchina della solidarietà livornese.
Si sono viste diverse manifestazioni in piazza che hanno coinvolto tutti, dal sindaco alle realtà politiche ed associative cittadine, i quali hanno giustamente parlato di una necessità di costruire la pace nel mondo.
Tuttavia, siccome reputo importante anche riflettere sui fatti che hanno portato a questa guerra, evitando – ma non troppo – di entrare in posizionamenti politici, disquisendo ad esempio l’opportunità della NATO di accerchiare la Russia installando basi ed armamenti ad est, compiendo in quei territori esercitazioni militari provocatorie che non possono davvero rappresentare il “lavorare per la Pace” a cui tutti aspiriamo, invito quantomeno la comunità ed il suo principale rappresentante a fare una riflessione più ampia sulla questione Ucraina e sull’opportunità di manifestare per la pace con questa bandiera nazionale.
Continua
Nel febbraio del 2015 combattevo in occasione del centenario del Livorno Calcio, feci l’ingresso sul ring con una maglia con scritto “Donbass Libero”.
Suonavano gli amici, anzi i fratelli, della Banda Bassotti, proprio di ritorno da una carovana di solidarietà nel Donbass. Molti livornesi mi chiesero “chi è Donbass?”, sintomo chiaro che il mainstream non si era mai occupato della questione che io invece conoscevo già, per i rapporti personali con molti che si spendevano per quel conflitto, e per una sensibilità internazionalista.
Ho fatto stage sportivi in palestre popolari per raccogliere fondi per i bambini orfani del Donbass, quindi, grazie a tanti amici che laggiù ci sono stati e ci tornano ogni anno, e vanno proprio negli orfanotrofi, ho tentato per quanto possibile di contribuire e sensibilizzare su di un conflitto che nessuno ha mai voluto vedere, ma oggi irrompe nelle nostre TV a causa dell’invasione russa in Ucraina e di una conseguente narrazione volutamente incompleta.
Nel 2013 in Ucraina c‘è stata una “rivoluzione colorata”, termine innovativo, perché a seconda dell’opportunità, in occidente amiamo cambiare le definizioni dei colpi di stato per addolcire la pillola, quando ci vanno bene.
L’operazione, chiamata Euromaidan, con la quale grazie a delle sommosse popolari fu deposto l’allora presidente Janukovic, reo di aver ripensato ad un possibile avvicinamento alla sfera europeista ed atlantica, causò un rovesciamento del governo allora presente. Non entro nel merito politico, nel giudizio politico del precedente governo, ma mi limito a narrare cosa tutti possono controllare accadde attraverso un banalissimo Wikipedia.
A fare da ariete a questa stagione furono, non la richiesta di democrazia e libertà, come spacciato dai nostri media, ma bensì i nazionalismi più beceri, i quali, senza nascondersi troppo, iniziarono ad incendiare l’Ucraina.
In piazza difatti si portavano le foto di Stephan Bandera, collaborazionista dei nazisti durante l’invasione avvenuta nella seconda guerra mondiale; insieme a quelle ucraine comparvero le bandiere rosso-nere, legate proprio al suo movimento che poi ha generato il Pravy Sektor (settore destro) partito ed organizzazione paramilitare neofascista; quindi si formò un braccio paramilitare armato che prese il nome di Battaglione Azov, il cui simbolo (Wolfsangel), è proprio ripreso da un corpo delle SS.
A cosa servirono questi “bravi ragazzi”?
Culturalmente a spingere il nazionalismo ucraino in chiave anti-russa, militarmente a reprimere e compiere crimini sulle popolazioni russofone che nel’est ucraino sono la maggioranza. Difatti si deve ricordare che la zona prende nome di Novorossya (nuova Russia) e storicamente, lo ha ricordato Barbero in questi giorni, il concetto di Russia nasce proprio in quella zona.
Fu poi la rivoluzione d’ottobre che, concedendo autonomia e identità alle repubbliche, suddivise la zona nella RSS Ucraina.
Ma tornando ad Euromaidan, senza addentrarci troppo nella storia, anche se serve, i crimini che accompagnarono quella stagione (tanto sponsorizzata dai nostri media perché le garantì l’ingresso nella sfera dell’influenza atlantica e europea) voglio ricordare la strage di Odessa, la quale vide 48 persone (solo quelle accertate) massacrate e bruciate vive nella casa del sindacato dei lavoratori, appunto, perché “colpevoli” di essere filo-russi e troppo di sinistra.
Questo considerando che in Ucraina difatti si iniziò a cancellare tutta la storia recente, cambiando addirittura nome a strade e piazze, ed abbattendo simboli che la legavano alla RSS Ucraina, ma ciò non in tutte le zone fu possibile a causa delle resistenze di molti cittadini, in prevalenza russofoni ma non solo, che si opposero.
Fu una stagione di intimidazioni e massacri, di cancellazione della storia recente dell’Ucraina e di negazione di diritti come parlare la lingua russa.
Fu per questo che la Russia entrò in Crimea per annetterla, essendo abitata in stragrande maggioranza da russofoni, ed il Donbass, per lo stesso motivo, iniziò a chiedere indipendenza, avvenuta a seguito di un’auto-proclamazione seguita ad un referendum passato con larghissima maggioranza (80%) di Donetsk e Lugansk. Ma questo – ovviamente – non venne accettato da Kiev, che rimase libera di agire grazie all’appoggio strategico di UE e NATO.
Nel 2015 si arrivò alla stipula del protocollo di Minsk, nel quale le parti si accordarono per un “cessate il fuoco”, con l’accordo bilaterale di riconoscere le due neonate repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk (proprio dove ha giocato Cristiano Lucarelli), e con l’allontanamento dell’Ucraina lontano dalla sfera russa col governo Proshenko.
Tuttavia, il “cessate il fuoco” non fu mai stato rispettato dal governo ucraino, è ciò senza che nessuna organizzazione internazionale intervenisse a supporto delle dette popolazioni, sostenute solo dalla Russia.
In Donbass, difatti, nel silenzio totale dei nostri media, grazie al governo ucraino che ha non solo legittimato ma anche riconosciuto e premiato le milizie naziste citate, inserendole addirittura nella guardia nazionale, sono morte circa quindicimila persone delle quali duecento bambini, con tanto di sacrari dedicati che si trovano con una semplice ricerca on line.
Ma i nostri media si sono rapidamente dimenticati tutto. Di tutto questo il governo ucraino, passato poi nel 2019 da Proshenko all’ex attore Zelensky, il quale ha continuato la stessa identica linea del predecessore, quindi è ampiamente responsabile e non può oggi, a causa dell’invasione russa, essere assolto e visto come simbolo di pace, oppure vittima di una guerra che ha causato.
Ecco perché oggi portare in piazza la bandiera ucraina non è affatto un simbolo di pace e vi invito a riflettere! In questi giorni stiamo assistendo ad un atteggiamento vergognoso da parte dell’Europa, nonché dell’Italia, le quali, oltre a favorire questa narrazione, esercitando una memoria selettiva, soffiano sul fuoco del conflitto annunciando finanziamenti ed armi all’Ucraina legittimandosi con una campagna mediatica a senso unico, perché i soldi tanto li prendono dalle tasche dei cittadini a cui raccontano di essere per la pace. Ma non eravamo una nazione che ripudia la guerra come soluzione delle controversie internazionali?
Ecco, invito pertanto ad osservare cosa sta accadendo nel nostro paese, dove si stanno creando le condizioni per giustificare l’ennesimo conflitto, cercato solo per ragioni di geopolitica (bisognerebbe parlare del gas russo, ma si farebbe notte).
Stiamo insomma trasformando in vittima un governo (non i popoli, quelli sono ben altra cosa, ma debbono anche farsi carico di tutto ciò che è successo dal 2013 ad oggi, e prenderne le distanze se vogliono la pace) che vittima non è affatto.
Bisogna ricordare infatti che queste dinamiche di utilizzo di reparti come quelli citati sono le stesse che hanno creato il terrorismo islamico, a suo tempo comodo per combattere l’URSS, poi sfuggito di mano per stessa ammissione della Casa Bianca.
Ad oggi il governo ucraino, non solo si serve dei bracci armati neonazisti ufficialmente, ma di democratico non ha proprio niente, e compie operazioni come quella riportata di recente <> dai nostri media, dove il SBU (servizio segreto ucraino) siccome riteneva che uno dei diplomatici ucraini presenti a Minsk alla trattativa col governo russo fosse una spia, non lo ha arrestato e processato, ma freddato con un colpo di pistola in testa a seguito di un processo sommario.
Così come a Mariupol si vedono video di eserciti di coscritti, tra i quali bambini, che imbracciano mitra e bandiere naziste del battaglione Azov e giurano di difendere la patria.
Quindi domando: siamo sicuri che la bandiera ucraina è simbolo di pace oggi? In quale misura e per quale motivo?
Attenzione a concentrarsi perciò solo sul mostro di turno, Putin, il quale seppur non mi rappresenta affatto, è diventato parte attiva di questo conflitto solo da pochi mesi, e renderlo il nuovo Saddam (con rituale richiamo alle armi chimiche…) può servire a dimenticare tutto quello che in Ucraina, ed in special modo nel Donbass, è successo impunemente dal 2014 ad oggi.
Detto questo, ribadisco che, augurandomi davvero che si arrivi presto alla pace, magari con un ritiro delle forze russe contestuale con la garanzia di neutralità dell’Ucraina dal campo atlantico – fatto che comporterebbe basi ed armi in quel territorio e vorrebbe dire quindi un futuro di tensioni geopolitiche così come mi auguro anche il riconoscimento vero delle due repubbliche di Lugansk e Donetsk, che hanno il sacrosanto diritto di vivere in pace; e ribadisco il mio invito a non trasformare la bandiera dell’Ucraina in una bandiera di pace, perché i fatti parlano chiaro, e se i cittadini di questa nazione legittimamente vogliono oggi manifestare per la pace, ben venga, ma prendano atto di quanto esposto ed anche le dovute distanze dal governo ucraino, ritenendolo corresponsabile della situazione che viviamo.
Conclude
Vogliamo davvero la pace?
Cerchiamola veramente allora iniziando a fare chiarezza, nel rispetto di ogni vittima generata da questo conflitto, che non inizia oggi ma nel 2013. Qui lancio anche una provocazione, siccome io stesso mi sono avventurato nell’ipotesi, dico che, se volessimo fare una campagna di solidarietà eguale, per gli ucraini ma anche per le popolazioni di Lugansk e Donetsk, che lo ripeto la guerra la patiscono da otto anni, e volessimo approcciare l’iniziativa di spedizione di pacchi, accoglienza profughi, oppure adozione di orfani, come io stesso ho fatto, benché per l’Ucraina il Donbass sia territorio nazionale, scopriremmo che non esiste possibilità di raggiungerli in nessun modo, perché il governo ucraino non lo permette (proviamo?).
Sfido Sindaco ed associazioni a testare ciò che dico. E da qui si capisce quanto strumentale possa essere la normalizzazione del governo ucraino e della figura di Zelensky, ad oggi promosso dai nostri media come una vittima.
Domenica 13, al Circolo Arci La Rosa ospiteremo Clara Statello, osservatrice internazionale dal 2016 in Donbass, proprio per fare chiarezza su quanto i nostri media hanno “casualmente tralasciato”, ricordando che la pace si coltiva, costruendo un mondo multipolare.
FONTE: Lenny Bottai – Unità d’Azione Comunista Livorno
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Ecco, politicamente siamo diametralmente opposti ma devo farti i complimenti per quanto esposto e raccontato: purtroppo le verità vengono nascoste (sempre) in quanto scomode…..dovrebbero e dovremmo essere più informati e non essere schiavi di “discorsi raccontati”.