Gli inquirenti ricostruiscono movente e dinamica. Una trama della realtà degna di un film, con l’omicidio Chimenti, l’usura, la droga, mafia ed il terrorismo nero
Nella conferenza congiunta dei Carabinieri con la Guardia di Finanza, vengono spiegati tutti i dettagli dell’operazione e delle indagini che hanno visto indagare i possibili colpevoli dell’omicidio Chimenti. Il delitto trova il movente in uno scenario complicato tra la Ndrangheta, l’eversione nera e l’usura, dove l’uomo era in contrapposizione con alcune scelte che erano state fatte. I destinatari della custodia cautelare in carcere sono Andrea Palinti, del 67′ di Livornese, Beshiri Olsi, del 79′ albanese, Massimo Antonini, Livornese del 57′ e Gionata Lonzi, livornese del 70′. Agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico invece sono: Giuliano Lonzi, livornese del 49′, Martina Bruna, livornese del 53′, Valter Giglioli, livornese del 50′, Stefano Bendinelli, Livornese del 64′, Manuela Scroppo, Pisana del 79′, Romualdo Monti, Livornese del 65 e Riccardo Del Vivo, Livornese del 49 (senza braccialetto). Infine, deferito in stato di libertà LC, livornese del 38.
Il 30 giugno 2002, Riccardo Del Vivo a bordo del motoveicolo condotto da Massimo Antonini, che aveva il compito di fornire il supporto logistico e operativo, si recava nei pressi dell’abitazione di Chimenti in piazza Mazzini, per poi aspettare la vittima. Una volta giunto Chimenti, Riccardo Del Vivo gli esplodeva contro 5/6 colpi di pistola, di cui uno ha raggiunto l’addome della vittima. Al momento dell’agguato Chimenti aveva riconosciuto il suo carnefice e stava scappando da casa sua in piazza Mazzini verso il Bar Sirena dove è stato raggiunto dal proiettile dell’arma, che era stata procurata da Gionata Lonzi una volta compiuto l’assassinio i due complici hanno abbandonato la scena del delitto a bordo del motoveicolo.
Un fatto violento, che si può pensare di vedere al cinema e non nella realtà; una ricostruzione dei fatti che racconta di una delinquenza sommersa molto pericolosa ed estesa.
Inoltre secondo le ipotesi di reato, il porto di Livorno era ormai diventato il centro di smistamento della cocaina. La sostanza stupefacente arrivava dalla Colombia per poi essere dirottata sul mercato. A gestire il traffico illegale ci sarebbe stata la ‘ndrangheta: la setta criminale avrebbe contato su Riccardo Del Vivo 68 anni, pregiudicato livornese, arrestato in carcere. Una struttura che gli investigatori hanno ricostruito durante le indagini per l’omicidio.
Per quanto riguarda le estorsioni e l’usura le attività facevano capo a Andrea Politi, arrestato questa mattina, insieme ad altre 10 persone. Usavano dei compro oro per riciclare i pegni lasciati in prestito; in caso di insolvenza a causa di interessi da strozzinaggio le vittime venivano minacciate e percosse dai picchiatori del Andrea Politi.
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