Dove non arrivano le istituzioni arriva il popolo
Livorno, 23 maggio 2021 – Grande successo per l’iniziativa per recuperare il quartiere Pontino San Marco. Di seguito il testo del post su Facebook che racconta sia l’evento che la storia del quartiere e di Livorno
“Nel 1848 – mentre in Europa si mettevano in discussione molte cose – vi fu una rivolta popolare anche a Livorno che insorse, furono arrestati Francesco Domenico Guerrazzi, politico e scrittore democratico (che cito spesso), e Leopoldo II (il famoso canapone che cita sempre Giani come un illuminato…) veniva spinto alla concessione della Costituzione.
Nei mesi successivi vi furono ancora sommosse e rovesciamenti, quindi si arrivò alle elezioni, con la costituzione del famoso Triunvirato di cui appunto Guerrazzi faceva parte, prima di essere arrestato, perché in aiuto di Leopoldo, nel frattempo fuggito a Gaeta, arrivò l’esercito austriaco guidato dal generale D’aspre per ristabilire l’ordine.
Livorno non accettò la prepotenza, si dichiarò repubblica (qualcuno dice che fu embrione dell’idea della Comune di Parigi, sul fatto scrisse perfino Marx con una frase che abbiamo applicato sui muri).
I livornesi allora alzarono le barricate proprio in questo quartiere e resistettero per quanto poterono ad un esercito impari da affrontare.
Il capopopolo Enrico Bartelloni, una volta entrati dalle mura gli austriaci, non sopportando la situazione, si gettò su delle guardie e venne arrestato e fucilato. Stessa sorte avvenne ad un altro, più tardi, Francesco Chiusa.
La piazza ed il monumento che ricordano queste gesta, versa in totale abbandono da anni, decine di anni. C’è una Lapide ed una commemorazione rituale istituzionale che nessuno segue. Ma se le piazze e la storia popolare che rappresentano come questa sono davvero della gente, qualcosa so deve fare.
Per la seconda volta, ieri, insieme a tanti abitanti del quartiere e altri livornesi sensibili, abbiamo realizzato un’iniziativa di rivalutazione e risistemazione della piazza, per chiedere alle istituzioni di intervenire e contrastare l’abbandono e il degrado in cui versa. Attirando chi vuole partecipare a questa idea di condivisione degli spazi, e allontanando chi vuole fare altro. Risistemando i dipinti imbrattati, che ri-imbratteranno e ridipingeremo, fosse mai che qualcuno non sbaglia momento per farlo e si chiude il conto lì.
Le piazze devono tornare alla gente, questo è un atto politico per evitare ogni speculazione di sorta in chi poi rivendica sceriffi e militari a sorvegliare.
Non sono atti politici, nel termine che si intende oggi (ahinoi), non hanno bandiera in termini elettorali (molti che hanno partecipato hanno tutt’altri riferimenti o non li hanno proprio), ma una traccia ideologica di fondo non la si può negare, perché nelle piazze, tra la gente, tanto più in questa storia, ci dobbiamo stare noi.
Abbiamo realizzato un cartellone evocativo di quei fatti, lo abbiamo applicato, ed abbiamo chiamato un professore che ha scritto libri sul tema, ed un coro che si occupa da anni di queste pagine e canta le gesta dei popolani che (non a caso) gridavano “w il berretto rosso, w la libertà!”, per raccontare al quartiere la sua storia. Abbiamo rianimato una piazza che solitamente è ostaggio di altro (purtroppo), per portare la gente a vivere uno spazio che dovrebbe essere suo.
Non serve una bandiera di un partito per fare atti politici delle volte, anzi, direi che così forse viene meglio fondersi con il popolo al quale si intende fare riferimento, perché purtroppo l’elettoralismo talvolta corrode ed anche se sanno chi sei, è la tua faccia che vogliono vedere e non i simboli da cabina elettorale. Un tempo il partito era anche questo: la gente. Senza radicarsi in un territorio, come collettivi e come individui, non si esiste.
Ieri con San Marco abbiamo dato un segnale profondo. Importante.”
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