Tempi duri per il mestiere più vecchio del mondo e non solo a causa del Covid
Uomini di ogni età che, a qualsiasi ora del giorno e della notte, cercavano sesso orientale a pagamento; questi clienti non passavano inosservati agli abitanti della zona, soprattutto quando, nella ricerca delle “case chiuse”, sbagliavano citofono, provocando notevole disturbo e imbarazzo.
Proprio le lamentele dei cittadini residenti nella zona degli impianti sportivi, in località Bernino, a Poggibonsi, hanno fatto scattare le indagini del comando della Polizia municipale del comune che si trova in provincia di Siena.
L’attività investigativa, durata oltre un anno e svolta in collaborazione con gli agenti della Squadra mobile di Siena e del commissariato di Poggibonsi, ha portato all’arresto di due persone, una donna di 37 anni e un uomo di 45, entrambi cittadini cinesi, con l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento della permanenza in clandestinità, falso materiale e sostituzione di persona.
Sequestrati :
- nove appartamenti,
- una decina di dispositivi elettronici, fra telefoni cellulari e tablet, denaro,
- 50 fra passaporti e tessere sanitarie,
- contratti di locazione,
- quaderni nei quali erano registrati gli appuntamenti, e
- numerose scatole di profilattici.
L’indagine ha permesso anche di individuare alcune prostitute prive del permesso di soggiorno, per le quali sono attualmente in corso le procedure per l’espulsione dal territorio nazionale.
I due arrestati gestivano l’attività delle prostitute cinesi in tutta la Toscana: la sede principale della fiorente attività era quella di Poggibonsi, poi c’erano le “succursali” di Siena, Arezzo, Lastra a Signa (Firenze), Poggio a Caiano (Prato) e le due di Empoli.
Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, supportate dalle immagini registrate da telecamere nascoste, è risultato che era la donna a comandare; nonostante agisse sotto falso nome, proprio lei alla fine è risultata essere l’intestataria dei contratti di affitto degli appartamenti e dei conti correnti, che a volte erano intestati a prestanome a lei riconducibili.
Fonte Polizia di Stato
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