Le insidie della raccolta differenziata

Photo Vito Capogna
Le insidie dietro la raccolta differenziata
Non tutto si ricicla, i limiti del riciclo evidenziano poi delle conseguenze. Dietro la raccolta differenziata (che resta un obiettivo da perseguire) si nascondono delle insidie. Quella della plastica è una raccolta a più flussi, perché non parliamo di un materiale unico , sono poche quelle che hanno un valore. I Comuni hanno diversi strumenti per accompagnare i cittadini in un percorso, intanto spiegando bene qual è il modo corretto di effettuare la raccolta. Per quanto riguarda le bioplastiche, vanno intanto riconosciute e inserite nell’organico: se finiscono con la plastica, ne contaminano la qualità. Nel dubbio gettate nell’indifferenziata
Non tutto si ricicla
Non tutto si ricicla. Il problema, però, non si esaurisce con l’impuro. “Non tutta la plastica da imballaggi oggi in commercio si ricicla anche se correttamente differenziata” spiega il responsabile della campagna “Plastica free” di Greenpeace, il Dottor Giuseppe Ungherese. Le ragioni possono essere molteplici. “Le plastiche eterogenee miste (film, pellicole e plastiche monostrato) – aggiunge – possono rappresentare una quota consistente dello scarto della raccolta degli imballaggi (tra il 20 e il 50% a seconda della piattaforma di selezione). Solo in rari casi vengono avviate a riciclo “ma la maggior parte delle volte finiscono in discarica o negli inceneritori, molto spesso non per l’impossibilità tecnica nel riciclarle quanto per l’assenza di richiesta del mercato” come documentato da un recente rapporto Ocse. “Spesso, infatti – aggiunge Ungherese – in base al prezzo del petrolio, la plastica vergine può essere molto più conveniente rispetto a quella riciclata”. Ci sono poi numerosi problemi legati al riciclo degli imballaggi compositi poliaccoppiati, costituiti da più materiali, come plastica e metallo. Due esempi: la confezione grigia che contiene il caffè sottovuoto della nostra moka e la stragrande maggioranza dei tubetti di dentifricio in commercio. C’è poi il fenomeno del downcycling: “La plastica da imballaggi, invece di essere utilizzata per nuovi imballaggi in plastica riciclata, viene riprocessata per creare prodotti di qualità inferiore difficilmente riciclabili”.
I limiti del riciclo
I limiti del riciclo evidenziano delle conseguenze. Se metà della plastica che conferisco all’impianto non è riciclabile, deve essere poi scartata e lo smaltimento ha un costo per i Comuni, perché devono mandarla all’inceneritore. Ecco perché, ad oggi, raccogliere plastica di ottima qualità dal punto di vista del riciclo è un obiettivo da perseguire almeno quanto quello delle quote di differenziata. L’Unione Europea ha imposto un target minimo di raccolta del 65%, al netto degli scarti. Il riciclo, però, non risolve il problema, come sottolinea Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe e ricercatore alla Scuola Agraria del Parco di Monza, che ha curato il rapporto Plastica: il riciclo non basta commissionato da Greenpeace. La ‘Plastic Strategy’ adottata nel 2018 dall’Ue che include anche la recente Direttiva sulle Plastiche Monouso, prevede un mix di misure per aumentare l’efficienza della filiera del riciclo. “Meccanismi come la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) o la possibile introduzione di sistemi di deposito cauzionale – spiega – potranno contribuire a incrementare il riciclo, ma non a colmare la differenza tra quanto immesso al consumo e le tonnellate riciclate”. Le soluzioni, secondo Favoino, non possono che essere “la riduzione del consumo di plastica e un impegno da parte dell’industria affinché progettino imballaggi che, oltre che al riciclo, puntino a durevolezza e riutilizzo”.
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