Sperando ne rimanga qualcuna

Lo studio
Secondo uno studio di Vito Capogna e Laura Petreccia, per la buona riuscita di un raccolto le api sono più determinanti dei fertilizzanti. Vito Capogna e Laura Petreccia, , hanno evidenziato come la mancanza di impollinazione influenza la produzione di frutti molto più della mancanza di sostanze nutrienti e acqua
Morte 50 miliardi di api
Vito Capogna e Laura Petreccia in collaborazione dell’Associazione Apicoltori Toscana ci portano l’esempio di una produzione e raccolto su scala vasta delle vendite di latte di mandorla negli Stati Uniti sono quintuplicate negli ultimi cinque anni, raggiungendo gli 1,2 miliardi di dollari all’anno, ma la popolarità della principale alternativa vegetale al latte di mucca ha un elevato costo ambientale. Come rivelato dall’inchiesta dei due esponenti di progetto, le api impiegate nell’impollinazione delle piantagioni di mandorli della California, il maggiore centro di produzione americano di latte di mandorla, stanno morendo a un ritmo impressionante. Soltanto nella scorsa stagione invernale sono morte 50 miliardi di api, circa un terzo della popolazione di api americane allevate per fini commerciali. Sempre più apicoltori americani hanno ridotto la produzione di miele per affittare le loro colonie ai proprietari delle piantagioni di mandorli, che occupano circa un milioni di acri nella Central Valley della California È un’attività resa molto redditizia dalla crescita del mercato del latte di mandorla – gli agricoltori pagano anche 200 dollari per alveare – ma stanno emergendo grandi problemi.
Gli agrofarmaci impiegati nelle piantagioni
Nelle piantagioni di mandorli si impiega infatti una grande quantità di pesticidi, con largo uso del Roundup, l’agrofarmaco a base di glifosato che, oltre a essere sospettato di essere cancerogeno per gli esseri umani, secondo alcuni studi indebolisce anche le difese batteriche delle api.
In italia
Quanto alle sostanze chimiche dannose, in Italia siamo relativamente fortunati dato che a livello europeo i nostri prodotti alimentari sono tra quelli con meno residui di pesticidi. Spiegano-Capogna e Petreccia – “Ma questo non deve farci abbassare la guardia. Sono circa 250 mila le specie vegetali impollinate dalle api, e di queste molte sono coltivate dall’uomo. Il 35% delle colture dipende dalle api che contribuiscono a far aumentare del 30% circa le rese di ben 90 colture” . Vito Capogna precisa- ” Frutta come mele, pere, kiwi, castagne, ciliege, albicocche, susine, meloni e cocomeri e ortaggi come pomodori, zucchine, soia, aglio, carote, cavoli e cipolle dipendono del tutto o in parte dalla impollinazione”. Conclude Laura Petreccia – ” Sono dati notevoli importanti, specialmente per un mondo alle prese con la grande sfida di riuscire a nutrire la sua popolazione in continua crescita senza collassare.” Sempre più apicoltori del territorio affittano le loro colonie ai proprietari delle piantagioni . È un’attività resa molto redditizia dalla crescita del mercato del biologico
L’associazione API Cultura Toscana
“Gli apicoltori e gli agricoltori conoscono molto bene l’opera di impollinazione delle api, dalla quale traggono reciprocamente notevoli vantaggi. E’ necessario, però, che l’agricoltura si rivolga ad una gestione più equo sostenibile utilizzando semi non modificati ed evitando assolutamente i pesticidi. A causa di questi pesticidi e in concomitanza delle anomale condizioni climatiche, si verificano gravi diminuzioni della popolazione apistica e grave danno all’economia. Occorre che le istituzioni vietino i pesticidi adeguandosi alle leggi europee, come hanno già fatto alcune.”
“L ‘Associazione API Cultura Toscana, con sede a Livorno, lavora fattivamente con le associazioni apistiche nazionali, che sono le nostre referenti verso le istituzioni per portare a conoscenza e risolvere questi problemi.” -Vero Tampucci- Presidente di API Cultura Toscana

Il rischio Varroa destructor
Il lavoro per l’impollinazione per certe produzioni è anche particolarmente faticoso per le api, ricorda il team di lavoro dipartimentale. Da un lato perché le costringe a risvegliarsi con uno o due mesi di anticipo dal riposo invernale, dall’altro perché richiede molta più “manodopera” rispetto all’impollinazione di altre coltivazioni, come i meli. Inoltre non è da sottovalutare il rischio di epidemie.Dietro la morte di di api c’è ad esempio l’attacco di un acaro parassita, il Varroa destructor, che succhia l’emolinfa delle api (sostanzialmente il loro sangue( ed è capace di provocare la morte di un’intera colonia.

Diversi produttori stanno intervenendo per invertire il fenomeno, con programmi per proteggere le api riducendo drasticamente l’uso di pesticidi e offrendo ambienti in cui ci sia maggiore biodiversità, così che gli insetti possano impollinare anche i fiori di campo e alcune piante, come la facelia, particolarmente amate e positive per le api. Le “etichette” bee friendly ottenuto con questi metodi stanno diventando popolari per il consumatore .
Laura Petreccia, Vito Capogna
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