La raffineria di Livorno gestirà 200 mila tonnellate di rifiuti l’anno.
Il mercato della raffinazione dei carburanti è in crisi da tempo. I paesi produttori di petrolio vendono i derivati, raffinati nei propri stabilimenti a prezzi più convenienti che quelli prodotti dalle raffinerie nostrane. Agip ha provato a dismettere Livorno 6 anni fa, la perdita di posti di lavoro sarebbe stata di 3000 posti tra indotto e stabilimento. Una tragedia che Rossi non poteva permettersi. Come risaputo, la dismissione di attività produttive, comportano la restituzione del territorio agli Enti Locali, nelle condizioni sine die. Ovvero, Eni avrebbe dovuto spendere 700 milioni di euro per la bonifica di tutta l’area. Strategicamente, Eni, fornulò la volontà di continuare a usufruire dell’area come stoccaggio, la finalità era di non tirare fuori simili cifre. Un po’ come avviene per la centrale Enel di via Orlando. Di certo all’epoca si parlava di megainceneritore a Livorno e tra le aree si propose anche la Stanic. Anzi, si parlò già allora di biomasse da termovalorizzatore per la produzione di energia elettrica.
Eni realizzerà un impianto di produzione di biometanolo alimentato con scarti da trattamento di rifiuti solidi urbani nella propria raffineria di Livorno in virtù di un protocollo di intesa siglato con Regione Toscana e Alia.
A Firenze la Regione Toscana conferma la volontà di cancellare la realizzazione del termovalorizzatore di Case Passerini per mezzo di una variante al Piano regionale rifiuti e bonifiche che è in approvazione in Consiglio tra il 23/24 luglio. Al suo posto sorgerebbero impianti di selezione e trattamento in grado di produrre combustibile solido secondario, CIC, da inviare poi alla raffineria, secondo quanto prevede l’accordo tra Regione Toscana e Alia, presentato in data 5 luglio a Firenze, il gestore unico nell’area Alta Toscana Ovest.
Per la raffineria di Livorno, si prevede un’alimentazione da 200mila tonnellate di scarti l’anno, e la realizzazione nell’arco di 3 anni, dalla data di rilascio dell’autorizzazione del progetto, sarà sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale con annesse tecnologie innovative che permettono ad esempio la cattura della CO2 e dell’azoto emesse dall’impianto: un progetto che punta a riconvertire l’attuale impianto che si estende per 190 ettari a nord di Livorno, rendendolo in grado di ricavare da 200 mila tonnellate annue di rifiuti plastici e CSS circa 90-100 mila tonnellate di biometanolo impiegabile ad esempio come carburante per autotrazione. Dove per pure intendiamo mais o altre colture specifiche. Tecnicamente lo strippaggio di alcool etanolo da masse di rifiuti è possibile ma non si sa quantificare la qualità del prodotto finito. Come tecnologia di lavorazione si basa sull’estrazione di etanolo da masse biologiche pure. Si stima che al 2030 si possono ottenere 400mila tonnellate annue da destinare alla produzione di carburanti e combustibile rinnovabile.
Un progetto, nel solco di quelli già portati avanti da Eni a Gela e a porto Marghera, a Venezia,dove la nascita delle bioraffinerie è legata però alla gestione dei rifiuti organici (Forsu), olii o rifiuti plastici, mentre nel caso livornese l’impianto dovrebbe incenerire le plastiche .Certo è che , la lavorazione delle plastiche non riciclabili per ricavarne combustibile fa optare per un pirori gassificatore.
Quindi il buon Rossi, esternalizza ai privati lo smaltimento dei rifiuti, ne cede il controllo, il business e il prezzo di mercato, concede la possibilità di smaltire tramite pirolisi, le plastiche più inquinanti come emissioni. Il Comune di Livorno e quello di Collesalvetti per il momento non risultano coinvolti, ma sono in attesa di conoscere i dettagli progettuali del nuovo impianto. Una prima riflessione, a caldo, riguarda l’inevitabile cessazione di ATO COSTA OVEST, la ricaduta occupazionale dei dipendenti AAMPS, nonché di quanti sono impiegati in REA Ambiente Nel 2023 in AAMPS si teme a fronte di questi dati, la chiusura delle attività e la dismissione del termovalorizzatore.
Dalla Giunta regionale, che ha dato il via libera al testo di protocollo con Eni, fanno intanto sapere che la riconversione ecologica dell’impianto, tecnologia sviluppata da Eni e Nextchem (Gruppo Maire Tecnimom), avrà ricadute ambientali ma anche occupazionali.
Per la realizzazione della raffineria da parte di Eni (insieme ad Alia) si prevedono 250 milioni di euro.
La raffineria si inserisce in un progetto di miglioramento della raffineria Eni di Livorno a partire dalla riduzione delle maleodoranze oggetto di un altro protocollo approvato in Giunta regionale che riguarda anche i Comuni di Livorno e Collesalvetti. Si tratta di un protocollo pronto in cui si prevedono 120 milioni di investimento ad un ritmo di 30 milioni all’anno. 25 milioni sono dedicati ad interventi di miglioramento del sito livornese prevalentemente su alcuni aspetti che avevano preoccupato nell’alluvione come alcuni sversamenti. Dall’altro ci sono interventi sulla captazione delle maleodoranze , si può arrivare ad azzeramento di tale maleodoranze con alcuni interventi mirati. Altri investimenti riguarderanno altri aspetti ambientali con l’Arpat che controlla tutto. Nel protocollo è inoltre previsto un nuovo impianto per il Gnl della darsena petroli, collegato con l’impianto Eni e che sia finanziato con 13 milioni la rimozione dei cavi di Eni nell’ambito dell’escavo del canale della darsena Toscana per la costruzione di un microtunnel.
Di certo, le logiche di interesse di Rossi di allora si coniugano con le esigenze di Eni, fermo restando che, questi nuovi processi produttivi non garantiranno la tutela dell’indotto occupazionale nel pieno dei numeri. Sono 1.500 i dipendenti Eni. Garantiranno però ad Eni la dismissione della raffineria e il mantenimento del sito senza bonifica adducendo ad una motivazione produttiva più energica rispetto ad una gestione di soli depositi vuoti.
Intervento di:
Laura Petreccia, Vito Capogna