Interessante articolo sulla nostra Livorno pubblicato da Rolling Stone, storico periodico musicale, e firmato da Ray Banhoff.
Nell’articolo, a differenza di quelli citati ogni volta dove viene incensata la nostra città, si critica molto Livorno e calza come un abito sartoriale il detto “meglio disoccupato all’Ardenza che ingegnere a Milano”.Nell’articolo viene affermato che Livorno è chiusa, che i livornesi pensano solo al proprio orticello e che i turisti vengono visto solo come un disturbo. Niente di più vero.Purtroppo Livorno è questa che si voglia o meno. E’ una città che sembra viva d’estate (solo perché i livornesi si catapultano tutti sul lungomare) ma che la vera faccia la mostra d’inverno, ovvero quella della desolazione.Il turismo proveniente dalle navi da crociera non viene valorizzato, cime viene riportato perfettamente nell’articolo di Rolling Stone, e tutte le amministrazioni pensano di più alle cose futili che a quelle utili che generano posti di lavoro, entrate e ricchezza.Un pò di autocritica ogni tanto va fatta, ma non per piangerci addosso, ma bensì per darci forza e trovare una soluzione ai problemi. Uscire dai confini di Stagno e di Quercianella non farebbe male ogni tanto.
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Il sottoscritto, che ha frequentato per 5 anni l’ITC per geometri di via Galilei ed ha quasi sempre abitato nella vicina polveriera Stagno (ma che per una serie di motivi socio-relazionali non si ritiene e mai si riterrà un puro spirito Labronico), pensa che il detto infelice di cui sopra abbia smesso di avere valore quando una propria parente quasi coetanea (nata e cresciuta a Livorno) prima del Covid si è trasferita per 3 anni a lavorare al Nord e non solo si è costruita una carriera che le garantirà di autosostentarsi per la vita, ma addirittura ci ha incontrato l’amore. Altri che conosco della mia zona lavorano in provincia di Pisa non Tirrenia. Vedo, insomma un grosso gap genezionale. Ora poi, il tipo di affermazione generalizzata che ci vuole dipingere tutti anarchici, pigri e con scarsa o nessuna voglia di lavorare è una cosa ridicola, (viste inoltre le forti mobilitazioni per impedire la chiusura Trw, vari cantieri ecc) e ricorda molto da vicino i discorsi da baretto “Ogni lasciata è perduta” e “la ragione è solo patrimonio degli imbecilli”. Ed è, di conseguenza, pure sbagliato dire che la presenza del mare condizioni tutto e tutti a prescindere: in alcuni quartieri-appendice della città stessa (Coteto, Montenero, in parte Salviano) si sta creando da prima del Covid una “mini-repubblica delle idee” fondata sull’inclusione del non-raccomandato e sull’altruismo condiviso, che sa andare oltre la “balneodipendenza” seriale ed abbraccia la cultura del ritorno alla terra. Si depotenzia, pian pianino, l’altro stereotipo duro a morire che vale solo per gli ignoranti cronici, quelli per cui spesso e volentieri il posto di residenza sarebbe frontiera di un intero universo, fatto quest’ultimo citato indirettamente a fine articolo. Auspico di non avervi annoiati, ma credo infine che vi siano più mondi separati dentro un contesto urbano dove, per impegno civico, la mia è stata una voce non secondaria.